Valle D'Aosta

La Valle d'Aosta è stata abitata in epoca preromana da un piccolo popolo locale di incerta origine etnica, i Salassi. Latinizzata per effetto della conquista romana ma segregata dalla pianura e quindi dal resto della penisola per una serie di strozzature; incuneata in seguito tra il mondo francese e quello Elvetico: ad essi legata attraverso i funicoli del piccolo e del Gran San Bernardo, ma al tempo stesso gelosa della propria indipendenza.

Le più antiche concessioni risalgono al 1191 quando Tommaso I, allo scopo di frenare l’arbitraria strapotenza dei signorotti locali, andò volutamente ad Aosta, per largirvi la cosi detta Carta delle Franchigie. Ripresa nel 1253 da Tommaso II la carta subì ulteriori modifiche e amplificazioni: l’unità fisica ed antropica della valle d’Aosta aveva trovato conferma in campo politico ed amministrativo con l’erezione della valle stessa a Ducato, avvenuto nel 1238, dove i conti di Savoia ne acquisirono la signoria di fatto.

L’accentramento dei comandi, sancito negli Statuta sabaudiae del 1430, portò il primo colpo di piccone all’esercizio delle Franchigie valdostane. Nel 1466 con Amedeo IX si tennero le ultime udienze generali.
Nei decenni di mezzo del secolo del XVI, durante lo sfacelo dei domini sabaudi, conservo autonomia, ma offrendo sempre l’estremo rifugio ai suoi signori. Per compensare la sua fedeltà lasciò sussistere le sue autonomie.

Ma le Regie Costituzioni del 1770 segnarono la caduta dei privilegi goduti per tanti secoli. Nel 1822 la Valle D’Aosta fu assorbita al regno e affinché sopravvivesse almeno di nome, nel 1845 Carlo Alberto stabilì che il nipote portasse il titolo di Duca D’Aosta.
Per questo la Valle D’aosta subì poche invasioni straniere (tranne un breve periodo francese) e appartenne interrottamente alla casata sabauda, con una lunga tradizione di autogoverno.

La costituzione italiana ha riconosciuto alla valle D’Aosta il limite inferiore della regione, e cioè il torrente Lys fra i comuni di Pont-ST-Martin e Carema, è ancora quello che i Borgognoni, i Franchi, i principi, conti e duchi di Savoia rispettarono.

RISALENDO LA VALLE D'AOSTA
Chi dal Vercellese per il Biellese o per la pianura e colline canavesane entri in Val D’Aosta, vede subito che poche decine di chilometri separano due mondi.
Anzitutto per la sua posizione all’angolo d’incontro della frontiera elvetica con quella francese, al punto di sutura delle Alpi occidentali e con le centrali, in facile contatto, almeno un tempo, con le contermini regioni d’oltralpe più che con la pianura padana. Poi per la imponente grandiosità delle sue montagne, che raggiungono insuperabili culmini europei di dimensioni e mondiali di bellezza, tutto ciò fa d’Aosta un entità originale.

La valle d’Aosta più che una valle nel senso geografico della parola è un compiuto mondo nel quale si concentrano tutte le variazioni possibili intorno al motivo conduttore della montagna.

Appena passato Point-Saint-Martin (l’antico confine), la valle si restringe ed assume un aspetto primitivo e selvaggio, sbarrata com’è dal roccione di Bard con l’ormai inutile apparato dei suoi poderosi fortilizi.
Dopo la stretta di Bard ecco sulla sinistra lo sbocco del vallone di Champorcher e sulla destra di chi guarda i massi ancora freschi della grande frana del 1912.

Intanto la valle si è rifatta ampia e serena, ma la verde distesa dei prati e dei vigneti. La valle ritorna a rinserrarsi, sbarrata a destra da una verticale fiancata di montagna, a grandi paretoni, lisci, nerastri, mentre sul lato sinistro la Dora, scorre in basso in una gola.
Dalla stretta di Montjovet si esce di fatto sulla conca di Saint-Vicent, adorno di vigneti e boschi.

Sorpassando il bacino di Saint-Vicent la valle mantiene una discreta larghezza, dove in primo piano si staglia la montagna del Rutor.
Con un ulteriore allargarsi del fondo piatto della valle e si entra nel Pays d’Aoste. La vasta conca su cui s’allarga a macchia d’olio, a sinistra la poderosa piramide dell’Emilius, mentre sulla destra una ridente gradinata di colline, popolate di ville e di minuscole frazioni, conduce all’imbocco della valle del Gran San Bernardo. Oltre Aosta, il bacino in cui sorge la città restringendosi. Il suo fondo, pèrò, non muta carattere: vigneti, frutteti e qualche castello. Quello d’Aymavilles ci ricorda che siano giunti all’imbocco della valle di Cogne.

Poi la strada conduce verso la piccola conca di Villeneuve, dove il passaggio si fa più selvaggio, dopo il paese per lungo tratto la valle scorre ora più o meno profondamente, per superare questa strettoia si usa un antica strada romana successivamente si passa sulla piccola conca d’Avise s’apre la Valgrisanche, al cui ingresso è Liverogne, un tempo importante tappa per i viaggiatori. Un nuovo, precipite rinserrarsi della valle, e poi un nuovo piccolo slargo, in cui trova posto, con le case di Avise.

Poco dopo si entra nella Valdigne che alterna tratti angusti e severi ad ampie conche, come quella di Morgex. Il Monte Bianco s’avvicina sempre di più dominatore: la sua catena comincia a dispiegarsi sulla destra, ma la Valdigne quasi all’improvvisamente si chiude, e nella strozzatura le poche case di Prè-Saint-Didier non si spiegherebbero neppur esse, se non vi fossero di mezzo le antiche terme e lo sbocco del vallone della Thuile.

Lunga e ripida è la salita che scalando le morene di Verrand, porta all’inizio del bacino di Courmayeur.
Dal fondovalle , si dipartono le valli tributarie, che, pur avendo comune una certa aria di dimestichezza e di famiglia, non si assomigliano l’una all’altra, e si raccomandano ciascuna per qualche particolare attrattiva, come per esempio la valle del Lys o di Gressoney, che ha per sfondo il Monte Rosa, oppure ai piedi della catena del Bianco oltre Courmayeur la val Veni contrappone il verde cupo dei suoi boschi al biancore delle morene della Brenva e termina, o comincia, con la nota dolomitica delle Piramides Calcaires, mentre la più pastorale e mondana val Ferret sono presenti alberghi e ville sulla strada del colle che separa le Alpi Graie dalle Penine.

Una prerogative della Valle D’Aosta che ha una grande varietà geologica e petrografica, anche per quanto riguarda la flora e la fauna, rarissime, in buona parte concentrate com’è noto, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Il Parco nazionale del Gran Paradiso è separato in due metà dalla catena dominata dal massiccio omonimo. La metà settentrionale è a sua volta divisa da diramazioni della catena stessa tre Valli di Cogne, di Valsavaranche, di Rhème.

Dall’esterno, varie sono le porte di ingresso al Parco. La più importante e frequentata è la valle della Grand’Eyvia o di Cogne che, con i suoi valloni e con le vallette laterali, solca profondamente il gruppo del Gran Paradiso.
Il parco s’impernia sul territorio delle antiche riserve sabaude di caccia, dove già nel 1821 era stata proibita la caccia dello stambecco per evitarne l’estinzione.
Nel 1919 Vittorio Emanuele III fece dono allo stato della riserva stessa e delle terre possedute in val D’Aosta per l’istituzione di un parco nazionale, attuato nel 1922.
Ma la Valle d’Aosta non è soltanto un unicum come raccolta di bellezze naturali ed artistiche, ma permette di svolgere diversi sport invernali.

AOSTA
Poche città alpine possono vantare una cosi prestigiosa posizione come quella di Aosta, nessuna ha un altrettanto maestoso quadro di monumenti archeologici, dove ancor a conservato l’antico tracciato urbanistico romano.

Esaurita la sua funzione strategica nell’ambito dell’impero romano, la città cadde via via in potere dei Borgognoni, dei Goti, dei Longobardi, dei Franchi, per passare sul principio del secolo XI a Casa Savoia, alla quale poi sempre apparterrà, come capitale di un ducato semiautonomo.

Durante il Medio evo le mura romane, furono smantellate per farne materiale da costruzione. Con questo economico sistema di approvvigionamento alcune famiglie nobili eressero castelli con torri, di cui rimangono ancora quelle di Bramafam, delle Prigioni e un caratteristico complesso religioso di alto valore artistico sorse poco fuori dalle mura, ancora dalla parte del Bruthier, dove intorno ad una suggestiva piazzetta, si disposero la collegiata di Sant’Orso, il grazioso piccolo chiostro annesso, l’elegante costruzione del Priorato e un maestoso campanile romanico.

Con questa appendice monumentale la vecchia Aosta non mutò sostanzialmente volto fino al principio del secolo scorso, quando la vita cittadina si concentrò intorno alla grande piazza Chanoux, e alla mole bonariamente grandiosa del Municipio.
Una piccola città,ancora racchiusa all’interno delle anticha mura romane, successivamente con la fondazione di centri Siderurgici, cominciò a nascere un intero quartiere fuori dalle mura.

  1. Montagna Valle d'Aosta;
  2. Valle D'Aosta;
  3. Piemonte.